Breve Storia di un Emigrato Sardo Esemplare
Introduzione
Ho conosciuto la licenciada, Cristina del Ciervo e il marito Hugo, il 4
settembre 2000 nella festa del "DIA DEL EMIGRANTE" nel Santuario Madre de los Emigrantes (La Boca).
Si sono avvicinati a farci i complimenti per i nostri bei costumi sardi "come sarebbe felice
Zio Bacchiddu se vi potesse vedere" hanno detto, poi ci hanno raccontato che a Maciel (Santa Fé)
abitava il benemérito dott. Socrates Vittorio Bacchiddu, il "Doctorcito Gringo"come
affettuosamente lo chiamavano gli abitanti di Maciel e delle isole del Paraná.
Sono rimasta affascinata dalla storia di questo emigrato sardo esemplare.
Volevo sapere tutto sulla vita e sull’opera del dottor Bacchiddu, volevo conoscerlo.
Ho raccontato la sua storia nel nostro programma radiofonico "Sardegna nel Cuore".
Abbiamo ricevuto mail e messaggi telefonici di ascoltatori, uno di un suo amico, il signor
Pietro Vicenzo Tedde, compagno di studi all’Universitá di Sassari, anche lui emigrato in
Argentina, una mail di un figlio di sardi di Sedini, il signor Osvaldo Mulargia domandando se
il dott. Bacchiddu era cugino di una sua parente che abita a Mar del Plata.
In effetti il Dott. Bacchiddu era cugino di una emigrata sarda la signora Bernardina Bacchiddu.
Grazie a questo contatto la signora Bernardina ha incontrato e visitato il dott Bacchiddu,
si sono riabbracciati, dopo 50 anni.
Purtroppo il dott. Bacchiddu era giá molto malato, colpito da un cancro in fase terminale.
Non ho avuto la fortuna di conoscerlo di persona, solo per posta e sentirlo al telefono.
Per fortuna era a casa quando ho chiamato, abbiamo parlato a lungo, con voce serena e commossa
mi ha ringraziato dell’invio delle poesie in lingua sarda, le riviste e fotografíe delle
attivitá svolte nel nostro círcolo di Sardegna di Moreno, tutto gli ricordava la sua amata
Sardegna.
Lamentava che a Maciel non abitava un solo compaesano con il quale poter parlare in sardo.
Poi mi ha raccontato brevemente la sua storia. Ho registrato la conversazione per scriverla.
Il Dott Bacchiddu é morto il 7 luglio 2001. Lo ha pianto l’intera popolazione di Puerto Gaboto,
di Maciel e delle isole che tanto amava, presenti al funerale per rendere omaggio al "dottore
isolano" che da quando era sbarcato a Puerto Gaboto, aveva dedicato la vita a curare in corpo
ed anima gli abitanti poveri delle isole del Paraná.
La Sardegna è la sua "Idda" natìa. Mandas deve conoscere la storia di un emigrato sardo che
onora la sua patria natìa, l’Argentina patria di adozione e del quale siamo orgogliosi tutti
noi emigrati sardi.
A 3 mesi della sua morte ho scritto la traduzione di quanto mi ha raccontato il Dott.
Socrates Bacchiddu e di ciò che mi ha scritto la vedova, signora Clotilde Peres in Bacchiddu.
Teresa Fantasia
Questa é la storia raccontata dai protagonisti:
il Dott. Socrates Vittorio Bacchidu e Clotilde Perez in Bacchiddu
"Sono nato a Mandas (CA) il 7/4/1925, papá, Rafael Bacchidu era di Sedini ,
mamma María Marras di Onifai".
Mamma era
insegnante, per causa del suo lavoro , quando avevo 2 anni ci siamo trasferiti
ad Alghero, poi a Bono e poi ancora a Nuoro, ho vissuto la mia infanzia nei
diversi paesi della Baronía Nuorese, finalmente abbiamo fissato la residenza
nella cittá di Nuoro.
"La sua vocazione era la medicina ", racconta Clotilde
nella sua lunga lettera , "all’Universitá di Sassari prende la Laurea in
Medicina e Chirurgia con le piú alte qualificazioni, aveva compiuto 24 anni,
queste cose posso dirle perché, me lo hanno detto al Universitá di Sassari,
quando mio marito mi portó a conoscere la Sardegna".
"Scoppiata la guerra,
chiamato a fare il servizio militare ,venne trasferito ad Oristano e poi nel
"continente", vicino a Roma, se non ricordo male il posto si chiamava Frosinone
e poi a Napoli, per due anni ha vissuto delle esperienze tristissime, mi
raccontava le sofferenze dei soldati sardi rimasti in "continente", soli,
abbandonati, affamati, senza documenti e senza soldi.
Il loro ritorno in
Sardegna fu straziante, la disperazione per salire sulla nave, la paura di
essere scoperti.....
Sono rimasti nascosti tutta la notte per scappare ai
controlli.
"Mi racontava l’esperienza terribile quando all’arrivo alla casa
paterna, la mamma non lo aveva riconosciuto, tale era il misero stato nel quale
era ridotto.....e lui le diceva "mamma sono Socrates.... son tornato..."
piangeva tanto ricordando quel doloroso incontro.
La vita gli aveva riservato
tante sofferenze, tanto dolore lo fece crescere trasformandolo in un grande
uomo, di intelligenza, amore fortaleza e solidarietá ammirabili; amava la
libertá e i veri valori della vita.
L’Italia era rimasta distrutta dalla guerra,
l’isola soffriva la piaga della disoccupazione, il ministero della sanitá offre
al novello dottore un impiego come medico supervisore nella lotta contro la
malaria.
Socrates si trovava a disagio con se stesso, voleva esercitare la sua
professione di medico, curare le persone era la sua vocazione e il suo grande
desiderio... "non ho studiato medicina per scrivere seduto tutto il giorno in
ufficio, voglio andare in ospedale accanto ai malati".
Deluso e addolorato
rinnuncia all’incarico e comunica alla madre che vuole emigrare o nel Congo
Belga o in America.
"Vai in Argentina" consiglia e prega la mamma.
"Sono arrivato a Buenos Aires nel 1951, nel mese di luglio, un giorno grigio e freddo,
tristissimo, al punto che se avessi potuto sarei ritornavo a casa, sono sbarcato
a malincuore, però solo il mio corpo é sceso dalla nave, il mio cuore é rimasto
lí, a bordo del Castel Verde".. mi raccontava con voce conmmosa al teléfono.
"La mia premonizione era diventata una crudele realtá, il contratto di lavoro come
medico era falso, la ditta inesistente ... non potevo lavorare come medico senza
riconvalidare il titolo, ho vissuto mille e una sventure, tanto da scrivere un
libro; viaggiando di cittá in cittá, Mar del Plata, Cordoba, Rosario, in ognuna
mi richiedevano la residenza e la cittadinanza Argentina.
Finalmente il
Ministero della Sanitá della Provincia di Santa Fé mi offrí di lavorare come
médico straniero, con l’incarico di Direttore di un ospedale di campagna che da
anni era senza medico.
"La localitá era Puerto Gaboto", mi scrive Clotilde, "una
localitá storica battezzata Gaboto in omaggio al navigante veneziano che il 9
luglio del 1527 nelle confluenza dei fiumi Paraná e Carcaragná aveva fondato il
primo villaggio spagnolo del Virreinato del Rio de la Plata e seminato per la
prima volta il grano portato nella nave dalla Spagna, li venne celabrata la
prima messa con le prime ostie elaborate con quel trigo.
Questa storia aveva
commosso il dott. Bacchiddu, io lavoravo come insegnate, ci siamo conosciuti
nel 1952, ci siamo sposati nel 1956.
Socrates si dedicó alla sua professione con
anima e cuore, a Puerto Gaboto non ci sono industrie, la popolazione era di
4.000 abitanti, é molto povera e vive del fiume, della pesca e della caccia,
abitano in casupole di fango e paglia.
All’Ospedale c’era un minúscolo
appartamento per il medico, abitavamo lí e lí sono nati i nostri due bei figli
Rafael Mario e Juan Carlos.
Il Ministero non pagava, però in quella povertá,
eravamo ricchi, pieni di amore, pativamo con la popolazione le stesse necessitá
e le carenze, sentieri e strade di fango, carenze di elettricitá, di alimenti,
per aiutarci coltivavamo un nostro orticello e allevavamo alcuni animali.
Il Dott. Socrates lavorava senza sosta, i pazienti erano molto numerosi, era
giovane e instancabile, all’ospedale aiutava a far nascere tantissimi bambini,
ha dovuto lottare con i pregiudizi e tradizioni degli indigeni, provava tanta
compassione per le sofferenze delle donne che partorivano in condizioni
disumane, loro hanno imparato a rispettarlo, battezzavano con il nome di
Socrates i loro bambini, mai ha trascurato di visitare un malato, venivano a
cercarlo dalle isole, lo chiamavano "El dottorcito gringo" (straniero).
Il fiume era la sua passione, gli piaceva navigare con una barchetta e pescare, mi diceva
"cara Clotilde, domani parto per le isole per mettere in ordine la mia mente".
Nonostante lavorasse tanto si ritagliava il tempo per studiare ,voleva
riconvalidare il titolo di medico, dominava la lingua spagnola alla perfezione e
scriveva corretamente, l’aveva studiata in Italia.
Trascorreva l’anno 1963
quando all’Universitá del Litoral (Rosario) si presentó per riconvalidare il
titolo, accompagnato da un dottore amico, il prestigioso chirurgo di Maciel
Dott. Carlos Pedro Stelzer (oggi deceduto).
Quel giorno fu un giorno di gloria
per il Dottor Socrates Bachiddu.
I professori gli domandadavo con ammirazione
dove aveva studiato medicina, meravigliati della sua capacitá e sapienzza,
volevano sapere la Regione Italiana di provenienza.
Il dottore che lo aveva
accompagnato mi raccontó la sua risposta: "Sono isolano, vengo dalla Sardegna, ho
preso la Laurea all’Universitá di Sassari".
"Ma lei dottor Bacchiddu é un gran
medico, non puó rimanere in quel piccolo ospedale di Puerto Gaboto, venga a
Rosario ci sono Ospedali privati importanti e puó guadagnare tanti soldi".
"Non penso al denaro"..rispose .."amo la mia libertá".
Nel 1964 ci siamo trasferiti a Maciel i nostri figli frequentavano la scuola media il
Dott. Socrates si alzava alle 6 per andare a Puerto Gaboto all’Ospedale ed io lavoravo
come direttrice della scuola elementare.
Aprì il suo consultorio privato in Maciel, lavorava
sodo, i pazienti lo amavano e lo rispettavano per la sua personalitá ed umiltá.
Era un medico di prestigio e sapienza, non necessitava di accertamenti come
tomografie o radiografie, con la sapienza delle sue mani faceva la diagnosi
certa, i medici specializzati delle grandi cittá si meravigliavano, quando
mandava loro dei malati, nella cartella clinica c’era la diagnosi, mai
sbagliata.
Era molto responsabile e studioso sempre riflessivo e preoccupato,
sempre con i libri tra le mani.
Mi diceva "mi corico e mi alzo pensando ai miei
malati".
Era il medico di tutti, curava prima l’anima con la sua parola e i suoi
consigli e poi il corpo, la medicina era un sacerdozio, una missione per lui.
Sentiva tanta indignazione verso i governi dell’Argentina.
Non capiva come in un
Paese con un territorio immenso, ricco di ogni bene, con pochi abitanti, questi
vivessero con tanta povertá, con disoccupazione, con stipendi miserabili, i
poveri anziani pensionati discriminati, condannati a sopravivere con pensioni da
fame. Non sopportava tanta corruzione, tanta indifferenza, tanta malizia.
Un paese privilegiato e ricco con un popolo povero. Tutte e due condividevamo la
stessa ideologia, eravamo socialisti, penso sognavamo l’impossibile: un mondo
piú giusto per tutti, un utopía.
Ci consolavamo reciprocamente, mi diceva "cara
Clotilde facciamo tutto il bene che possiamo fare, ci sentiremo bene, cosí
saremo felici" ..penso che ci siamo riusciti.
Peró tutto finisce in questa vita,
anche il nostro sogno, la nostra favola, Socrates aveva 76 anni, una mente
lucida e brillante, un cuore sano, senza precedenti di malattie.....aveva
vissuto una vita metodica, lavoró fino al mese di settembre del 2000.
In quel mese, senza accertamenti, solo con le sue mani scoprí il tumore.
"Tutto é
finito".. mi disse.
Un giorno salí solo sulla barcheta per dare l’ultimo addio
alle isole che aveva imparato ad amare.
La malattia fu un calvario, la
sofferenza fisica e psichica era enorme, i dottori non avevano il coraggio di
avvicinarsi al letto, lui dirigeva tutto sulla sua malattia ed io non mi
allontanavo nemmeno per un attimo, giorno e notte accanto a lui.
Un giorno sotto
l’effetto della morfina disse "mamma portami alla vigna" ..ricordava ancora la
sua amata Sardegna.
"Cara Teresa" ..mi disse il dott Bacchiddu al teléfono,
"sento vergogna nel dirlo, ma non ho piú visto il paese dove sono nato",
(Mandas) "sono ritornato in Sardegna con mia moglie, volevo rientrare quando ho
visto che la mia amata isola era risorta, che aveva recuperato l’allegria, la
serenitá, la pace, la voglia di vivere, peró, mi sono chiesto se era giusto
sradicare mia moglie e i miei figli del loro paese, far soffrire anche a loro
quello che io avevo sofferto emigrando, no, non era possibile ...
"Ora sono
molto malato, di un male senza cura, faccio la chemioterapia per non dire che
non ho fatto nulla ....per accontentare la mia amata sposa Clotilde che si cura
di me e i miei figli Rafael Mario e Juan Carlos che sono molto bravi e mi
amano".
"Il sacerdote di Maciel che era suo paziente lo visitava regolarmente,
gli portava i sacramenti e poi partiva con gli occhi pieni di lacrime "il
dottore é una persona molto speciale" "mi diceva" ..continua a scrivere
Clotilde.
"Il giorno del funerale fu lui a fare la bellissima omelia in omaggio
a Socrates, tutto il popolo di Maciel, di Puerto Gaboto e delle isole era
presente "grazie, grazie dottore" dicevano e depositavano ricordini nella bara.
Ora quando mi incontrano per strada mi abbracciano e piangono, lo amavano tutti,
ricchi e poveri.
Amava molto gli animali, specialmente i cani, li raccoglieva
malati dalla strada e li portava a casa per curarli, ora sono la mia compagnia;
posso raccontare una strana storia di un cane vagabondo, i ragazzi gli avevano
fatto del male era ferito alla coda, lo abbiamo portato dal veterinario, lo
curavamo, Socrates passava tutti i giorni davanti al supermercato dove si
rifugiava il cane, l’animale accompagnava il dottore fino al consultorio e lo
aspettava finchè finiva il lavoro e lo accompagnava quando ritornava a casa e
poi se ne ritornava al supermercato.
La casa dove si svolgeva il funerale era
molto lontana e il cane non conosceva il cammino improvvisamente il cane arrivò
lì e rimase per tutta la notte accanto alla sala mortuoria, la mattina seguente
ha accompagnato la bara fino alla chiesa ed é rimasto lí tutta la ceremonia
finchè il corteo di automobili é partito per il cimitero, poveretto il mio cane
nero anche lui piangeva l’amico.
"Teresa trasmetta i miei saluti e la mia gratitudine a Pietro Porcu e
Margherita, li porto nel cuore con tanto affetto, tutta la famiglia si é
commossa con la lettera e le poesie che Pietro ha dedicato a Socrates, le
conservo come reliquie preziose perché io non so leggere il sardo.
Facciamo
tutte a tutti e due i nostri piú sinceri ringraziamenti .
Peccato che ci siamo
conosciuti tardi (per Socrates), che festa avremmo fatto se avesse potuto
venirci incontro a casa nostra! Il Signore ha voluto cosí e dovremo rassegnarci.
Peró, ad ogni modo, lei Teresa é riuscita a fare una cosa molto importante, ha
reso possibile, grazie al programma in radio, l’incontro di Socrates con dei
parenti, specialmente che la cugina Bernardina lo riabbracciasse dopo 50 anni.
Hanno parlato e hanno pregato insieme. Socrates stava molto male peró si sentiva
felice, la ringraziamo di cuore per questo.
Oggi da casa, circondata dai buoni e
amorosi figli, nuore e nipoti prego il Signore, nel quale ho grande fede, che
conceda a Socrates, mio amato ed inseparabile compagno di 45 anni di vita, la
pace ed il riposo che non ha incontrato in questa terra.
Teresa a lei e a suo
marito un forte abbraccio da chi le vuole bene e spera di conoscerla presto, il
Signore mi concederá questa grazia.
Clotilde Perez in Bacchiddu.
Maciel 30 agosto 2001
Grazie all'Asociacion Italiana Sardegna di Moreno (Argentina) e a Teresa Fantasia da parte
della redazione webinsardinia e di tutti i sardi per averci fatto conoscere la storia
del dottor Socrates Vittorio Bacchidu e Clotilde Perez in Bacchiddu che prima di essere stato un bravo
dottore è stato un grande uomo.