Una nuova Sardegna. Il Turismo.
Ho già espresso, in una nota precedente, le mie considerazioni sul perché sia impossibile, ancorchè inutile e antieconomico puntare, in Sardegna, al recupero delle grandi imprese industriali che sono, da tempo, sull’orlo del fallimento o sono già fallite. Ancora meno alla realizzazione di nuove. Analizzando l’attuale panorama sardo, purtroppo se si parla di industria, l'impressione è di disastro e di cimitero di elefanti. Per tutta una serie di problematiche, e per tanti fattori economici e gestionali, tutti negativi, anche imprese come la Keller, che pure vanta varie commesse per forniture, hanno ormai chiuso. Allora è necessario, immediatamente, avviare per la Sardegna, un nuovo schema e una nuova strategia di sviluppo che consenta di assorbire, nel breve medio termine, gli effetti negativi dell’ecatombe di posti di lavoro verificatosi nel tessuto industriale. A dire la verità lo schema di sviluppo, al quale mi riferisco, esiste già da tempo. E’ necessario, quindi, sradicare il vecchio dalla mente dei politici e dei tantissimi lavoratori che avevano creduto nell’industria e in una serena, anche se faticosa, vita dentro una fabbrica. A questo punto è importante e strategico prendere i buoni esempi esistenti e operanti che proprio i sardi, si proprio loro e da soli, sono riusciti a creare, sviluppare e rendere sostenibili nel tempo. Più sopra abbiamo fatto cenno all’agricoltura e alla pastorizia. Analizziamo in queste righe le maggiori e migliori potenzialità che potrebbe offrire il turismo in Sardegna. Anzitutto bisogna riconoscere il ruolo svolto, in quest’ambito, da operatori e imprenditori non sardi che, oltre ad essersi innamorati dell’Isola, hanno realizzato le strutture alberghiere, i villaggi turistici, i resort, che sono stati di stimolo per tanti imprenditori locali che si sono, successivamente, cimentati in questo campo. Ora, il tessuto imprenditoriale turistico originale è ormai consolidato e, verificando il trend di gradimento sempre crescente anche in questi anni di crisi, è opportuno pensare alla realizzazione di strategie per un significativo incremento del comparto. Nel turismo costiero, occorre puntare al miglioramento degli standard qualitativi, incrementare la ricettività nelle aree meno organizzate, nel rispetto delle norme paesaggistiche. Realizzazione di nuovi consorzi turistici e potenziamento dei consorzi turistici esistenti, forte e incisiva attività di marketing, sinergia con le aree interne, promozione di attività culturali, ricreative e sportive. Nelle aree interne: sostegno, migliore organizzazione e forte promozione del filone che da alcuni anni sta riscuotendo un forte gradimento, per ora a livello regionale. Cortes apertas, Is animas e Prugatoriu, Autunno in Barbagia, ecc.. Sono iniziative che coinvolgono e promuovono tutti i micro settori produttivi delle zone interessate, come l’artigianato e l’agroalimentare e, opportunamente gestite, possono diventare realmente il volano, per la valorizzazione del territorio e per il prolungamento della stagione turistica. Ma una reale e innovativa strategia turistica per la nostra regione, potrebbe arrivare dalla valorizzazione e commercializzazione in ottica turistica delle aree lacustri e dell’immenso patrimonio archeologico della Sardegna. La Sardegna è una delle poche regioni italiane che non sfrutta i laghi del suo territorio per attività turistiche. Salvo che sul Gusana a Gavoi, sono praticamente inesistenti, in gran parte del territorio isolano, i servizi ricettivi e di accoglienza in prossimità dei laghi. Basterebbe prendere come esempio, le iniziative e le strategie adottate nel resto della penisola italiana, o in Svizzera, o nel Lake District della Cumbria in Inghilterra, per comprendere quali potrebbero essere i ritorni economici. La Sardegna, invece, non ha alcun progetto in merito e sono praticamente inesistenti, salvo sporadici tentativi che si esauriscono in una giornata, le varie attività di carattere amatoriale, sportivo e naturalistico che in tutto il mondo vengono realizzate sui laghi. Canoa, vela, canottaggio, surf, pesca sportiva, escursionismo, sono alcune di queste attività. Per non parlare del semplice relax. Immaginate i vantaggi economici e occupazionali per l'Isola e le popolazioni dei territori interessati se, finalmente, i laghi come Baratz, Omodeo, Coghinas , Flumendosa, Liscia, Mulargia, tanto per citare qualche nome, fossero opportunamente valorizzati e sostenibilmente “commercializzati”. Altro elemento di enorme attrattiva turistica potrebbe essere, ed è, l’archeologia. La Sardegna è un immenso museo a cielo aperto. Se un’altra regione o nazione, avesse un solo nuraghe, o menhir, o pozzo sacro, o domu de janas, ne avrebbe realizzato un polo d’attrazione turistico e culturale. La Sardegna ne ha centinaia, eppure non è riuscita, ancora, a creare un circuito che da nord a sud a est e a ovest diventi un prodotto turistico sinergico e fruibile. Un unicum che, in modo itinerante, racconti e illustri una storia ultra millenaria. Siamo, ancora oggi, ad un sistema basato su iniziative più o meno remunerative di singole realtà locali, sufficientemente attive e dinamiche, ma con una eco e capacità di attrazione assai ridotta rispetto alle potenzialità. Il patrimonio archeologico della Sardegna è immenso, ne potrebbe fare l’Egitto dell’Europa. E tanto c’è ancora da scoprire, come dimostrano gli ultimi ritrovamenti delle statue dei giganti di pietra nel Sinis. Pur nella loro brevità, queste riflessioni rendono evidenti quanto possano essere importanti le prospettive illustrate. Soprattutto come produttrici e moltiplicatrici di reddito e creatrici di incrementi occupazionali significativi. La realizzazione di iniziative e attività turistiche legate ai bacini lacustri e alla valorizzazione del patrimonio archeologico, in tutti i bacini territoriali interessati, potrebbero creare i presupposti per una inversione di tendenza allo spopolamento delle aree dell’interno e arrestare il flusso migratorio di una intera generazione di giovani sardi. |